Job hopping
Cos'è e perché è così diffuso.
Il job hopping rappresenta una tendenza comune tra i Millennial e può rappresentare un ostacolo nelle aziende per le valorizzazione dei talenti. Chi è nato all’inizio degli anni ’80 e alla metà degli anni ’90 rappresenta quasi un terzo dell’intera forza lavoro, in Italia e nel resto del mondo.
Se le generazioni precedenti (Baby Boomer e Generazione X) erano onorate dell’avere un solo lavoro per la vita, lo stesso non vale più per i lavoratori di oggi.
Job hopping: definizione e traduzione
Com’è evidente, il job hopping è un termine che indica letteralmente un lavoratore che salta da un’azienda all’altra per periodo di tempo relativamente brevi. Ciò accade a causa di un radicale cambio di paradigma culturale che porta i Millennial a non essere attaccati all’idea di stabilità lavorativa che avevano i loro genitori.
Pertanto, la loro ambizione li porta a cercare sempre nuove sfide abbandonando facilmente gli ambienti di lavoro sfavorevoli.
Job hopping, chi lo pratica?
Principalmente i job hoppers sono i lavoratori di età compresa tra 25 e 35 anni, che tendono quindi a cambiare lavoro ogni due anni. La peculiarità è che in questo fenomeno convergono due fattori:
- da un lato c’è l’aspetto sociale, la crescente instabilità economica rende sempre più difficile l’inserimento lavorativo che porta le persone a dover saltare da un lavoro all’altro fino a trovare uno spazio il cui stipendio e le politiche aziendali siano allineate ai loro interessi
- dall’alto c’è un cambiamento radicale nel modo in cui i Millennial concepiscono la vita, essendo più indipendenti e meno legati alle formalità di un tempo
Secondo un report pubblicato da The Guardian, Millennial don’t expect to work anywhere for more than five years, il 90% degli intervistati rifiuta di mantenere un lavoro per più di cinque anni e il 37% preferisce rinunciare al secondo anno.
Come individuare un job hopper?
Una volta effettuato il primo filtro di candidature per l’apertura di un processo di recruiting, ci troveremo a effettuare il primo colloquio di lavoro con il candidato selezionato. Per rilevare un job hopper è importante analizzare le date dei lavori precedenti, da quanto tempo è rimasto nell’ultimo lavoro al motivo delle dimissioni o licenziamento. Nello stesso tempo, dobbiamo essere in grado di identificare quali sono i valori e gli interessi del candidato e il tipo di informazione ricevuta.
Tre tipi di job hopper?
Ovviamente, esistono un’enorme varietà di motivi che possono indurre una persona nel continuare a fare job hopping. Ma per avere una comprensione completa del professionista è fondamentale capire la natura dei suoi continuo cambi di lavoro.
✅ Job hopping necessario
Si verifica quando la professione di una persona è semplicemente legata alla temporalità o si interrompe il rapporto con il datore di lavoro.
✅ Job hopping come opportunità
Succede quando una persona, dopo un determinato lasso di tempo, trova semplicemente uno spazio per svilupparsi professionalmente che offre maggiori benefit. Non si tratto solo di un miglioramento salariale, ma della possibilità di conciliare vita personale con vita lavorativa.
✅ Job hopping problematico
Nonostante non sia il più diffuso, questa tipologia di job hopper è una persona che ha difficoltà nell’adattarsi all’ambiente di lavoro. Capi difficili, colleghi insopportabili e negatività in generale sono solo alcune cose da tenere in considerazione in fase di recruiting.
La sfida di valorizzare i giovani talenti
Oltre ai Millennials, la nuova forza lavoro che entrerà prossimamente nel mercato è quella della Generazione Z. L’enorme sfida per le azienda nella valorizzazione dei giovani talenti passa anche attraverso il job hopping. Infatti, le nuove generazioni sono ancora di più anticonformistiche e diffidenti nei confronti delle istituzioni di genere e il mondo del lavoro inteso tradizionalmente non fa eccezione.
Le nuove generazioni si preoccupano e si orientano maggiormente verso cause sociali, politiche, etiche e altruistiche al di sopra del proprio vantaggio personale. Tutto questo si riflette nei risultati di uno studio condotto da Hootsuite, Everything Social Marketers Need to Know About Generation Z. L’equilibrio della vita personale, la priorità dei legami familiari e dell’amicizia, la salute mentale sono solo alcune delle priorità della nuova generazione. Tutto ciò non fa che rendere ancora più complesso attrarre in modo convenzionale i giovani talenti.
Come evitare il job hopping nelle aziende
Arrivati a questo punto è chiaro come il job hopping sia di per sé una cattiva notizia per le aziende, dal momento che influisce sul ROI (Return on Investment) nei processi di accoglienza dei collaboratori. Il modo migliore per evitarlo è, prima di tutto, ottimizzare il processo di onboarding assicurandoci che le nuove risorse non solo siano in grado di adempiere ai propri impegni quotidiani, ma anche di essere in sintonia con i valori dell’azienda e le dinamiche di gruppo tra i diversi team.
In secondo luogo, dobbiamo assicurarci di fare sempre affidamento sul concetto di centralità delle persone.
Come ultima, ma non meno importante, dobbiamo offrire alle persone la possibilità di crescere con e per l’azienda. Il che vuol dire investire in piani di crescita che aiutino a immaginare un futuro all’interno dell’azienda a medio-lungo termine.
Il job hopping esiste ormai da diversi anni e sta a indicare che la tendenza a rimanere in un posto di lavoro per brevi periodi di tempo non farà che aumentare. È compito quindi delle aziende da sviluppare idee e strategie innovative volte ad attrarre, coltivare e sviluppare gli interessi e i valori dei propri collaboratori per rimanere operativi e competitivi sul mercato.