Smart Working vs Settimana corta: quale la soluzione migliore?
“La settimana lavorativa corta è la nuova frontiera del lavoro”.
Una cosa è certa, che la flessibilità non si è fermata e, anzi, ha fatto crescere l’interesse verso l’ormai noto work life balance delle persone, creando così una frattura ancora più nitida tra gli imprenditori che continuano a far valere il proprio potere e tutti gli altri che hanno capito che oltre al lavoro esiste una sfera personale da coltivare quotidianamente.
SMARTPEG: ECCO L’HYBRID WORKING
La parola flessibilità viene riportata anche in molti annunci di lavoro dove in alcuni casi non è intesa nella sua vera essenza ma legata soprattutto al concetto di orari e una maggiore permaneza in ufficio (ben oltre l’orario previsto).
Concedere flessibilità al collaboratore da parte dell’azienda può portare diversi vantaggi, come ad esempio:
- maggiore produttività
- maggiore felicità
- maggior focus verso gli obiettivi
- minor assenteismo dal lavoro
- il soggetto in cerca di impiego
- l’azieda che richiedeva manodopera
- aumentare la qualità della propria vita
- ridurre i costi per eventuali spostamenti casa/ufficio
- dipendente felice
- minore assenteismo nella propria azienda
- employer branding, quindi attrarre i talenti
- benessere psicologico a 360°
- volatile
- complesso
- intriso di veloci mutamenti
- caratterizzato da grande incertezza
- generezione Z
- Baby Boomer, cioè i figli del boom economico
Flessibilità: cosa ostacola le aziende?
Visti i vantaggi, cosa ferma le aziende dal portare la flessibilità al proprio interno? In primis, un mindset fermo ad una cultura manageriale-imprenditoriale.
Per questo si fa fatica ad accettare sia lo Smart working che la settimana lavorativa corta.
Oggi, quello che manca nel mondo del lavoro è una reale cura verso il benessere psicologico del dipendente che se prima era raggiungibile attraverso l’aumento di retribuzione, oggi non è più così.
Anzi, in alcuni casi tra un’alta offerta economica ma con un basso work life balance e una bassa offerta economica ma con maggiore flessibilità si preferisce di gran lunga la seconda percé la persona è maggiormente motivata.
GRANDI DIMISSIONI: COME CONTRASTARE QUESTO PERICOLOSO FENOMENO AZIENDALE
Dipendenti “flessibili”
Il concetto di flessibilità ha da sempre coinvolto il mondo del lavoro, anche se recente è il suo inserimento nel panorama delle soft skills richieste per un determinato ruolo da svolgere.
A livello giuridico, in Italia, il termine entra in scena nel 1977 nell’ambito del lavoro interinale, facendo riferimento a due persone coinvolte:
La flessibilità ha anche però un’accezione negativa, intendendo cioè la precarietà cui oggi molti giovani sono esposti, andando a discapito della stabilità contrattuale.
L’etimologia del termine col tempo è cambiata, passando da una flessibilità in mano solo al datore di lavoro ad un asse in cui il dipendente, stando alle politiche dello smart working, può decidere dove lavorare e come gestire il proprio work life balance.
Vantaggi per il dipendente
Vantaggi per il datore di lavoro
LA VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE UMANE: 5 BEST PRACTICES
Cosa manca oggi nel mondo del lavoro?
Il mondo del lavoro viene definito V.U.C.A. cioè:
E i protagonisti che si scontrano su questi temi sono essenzialmente due:
I primi sono orientati per natura ad una maggiore flessibilità, mentre i secondi rimangono ancorati ad una tipologia di lavoro che esclude il work life balance.
Cosa manca oggi nel mondo del lavoro?
1. Attenzione al dipendente
Una risorsa motivata produce in maniera efficace, garantendo una politica di work life balance il collaboratore si sente parte di un’azienda in cui è inserito.
2. Formazione
Di fronte ad una costante mancanza di personale, il trasmettere conoscenza resta sempre la soluzione principale. Da qui l’importanza di divulgare e promuovere sempre nuovi e stimolanti contenuti formativi
3. Ascolto
Il collaboratore ha determinati bisogni così come il datore di lavoro. Per questo un confronto costante e bilaterale è fondamentale.