La rivoluzione positiva dei Chief Happiness Officer

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La felicità è una scienza. Non è esatta ma si costruisce, si insegna e si allena. Nelle relazioni personali così come al lavoro. Questo è quello che fa il Chief Happiness Officer (CHO) all’interno di organizzazioni “positive”, ascoltando le persone e valorizzandole non solo per le loro passioni, esigenze, emozioni.

Sono manager e consulenti strategici che accompagnano imprese, associazioni, team in un lungo e impegnativo percorso di cambiamento culturale. Cambiamento che, anche se graduale e ancora in corso, sta facendo la differenza ora che, dopo la crisi pandemica, il mercato del lavoro affronta il boom di dimissioni volontarie e la YOLO Economy: l’economia del “si vive una volta sola” (derivante dall’acronimo inglese “You Only Live Once“) nella quale il posto fisso, o lo stipendio a fine mese non bastano più.

La sola leva dello stipendio non appartiene più né ai giovani né agli over 50 che, a dispetto dell’etichetta che spesso viene loro affibiata, hanno ancora capacità, talento, competenze“.

Così esordisce Daniela Di Ciaccio, Sociologa e ricercatrice, nel 2015 ha fondato insieme a Veruscka Gennari la 2BHappy Agency, per diffondere la scienza della felicità nelle organizzazioni.

Da questa esperienza, nel 2019, è nato l’IIPO – Italian Institute for Positive Organizations, che certifica i Chief Happiness Officer attraverso un percorso di alta formazione manageriale che tocca le più varie discipline, dalle neuroscienze alle teorie integrali, dall’economia civile allo yoga, dalle scienze dell’apprendimento alla psicologia positiva e al gioco.

Le persone vogliono poter avere un impatto positivo su chi le circonda, una libertà di espressione, di autonomia, di controllo delle proprie attività“.

In questo senso, le organizzazioni positive sono realmente inclusive.

In tempi non sospetti hanno iniziato ad investrire sulla cultura della positività, della felicità al lavoro, quindi coltivando capitale sociale e relazioni autentiche fra le persone; creando contesti di fiducia, valorizzando la dimensione dell’essere e non solo quella del fare. Così, di fronte al COVID, hanno reagito mettendo in campo tutta la loro ‘anti-fragilità’. Per esempio, sono state le prime che, senza aspettare i decreti – hanno messo le persone a casa in sicurezza, dando loro gli strumenti informatici, le assicurazioni sanitarie extra, il supporto tecnologico e psicologico a distanza; insegnando ai manager a lavorare in modo agile e definendo i tempi per evitare che le persone subissero un’invasione del lavoro nelle vite familiari. Sono aziende che hanno continuato a crescere, in termini di persone, fatturato e innovazioni prodotte“.

Lara Lucaccioni ha fatto della felicità una competenza da allenare attraverso le pratiche del benessere. Oltre ad essere docente Chief Happiness Officer ed esperta di scienza della felicità, ma anche la principale formatrice italiana di Yoga della risata: disciplina di origine indiana che, attraverso la risata incondizionata aiuta a mettere in circolo nel nostro organismo gli ormoni del benessere, riducendo lo stress. Inoltre, è la prima trainer italiana certificata HearthMath, istituto che ha messo a punto la coerenza cardiaca, una serie di pratiche di respirazione e gestione di emozioni positive per l’equilibrio psicofisico. Insieme al compagno Matteo Ficara, ha fondato la startup innovativa “Happiness for Future“, attraverso la quale si è occupata di cultura e formazione.

Parlare di benessere anche sul lavoro è importante, perché è uno dei luoghi in cui passiamo più tempo, affrontiamo più sfide, ci stressiamo di più e in cui tratteniamo relazioni non sempre scelte e nelle quali magari non tutto scorre. Si può lavorare sulla leadership positiva, sui processi, sul proposito, sui valori personali e aziendali. Ci sono molte pratiche che si possono imparare come singoli, o portare nelle realtà organizzative per farle diventare parte della cultura aziendale. L’importante è riuscire a realizzare il ‘+1 gentile’, cioè costruire la felicità come un piccolo passo dietro l’altro, creando delle abitudini, partendo da quello che già c’è“.

Pioniere della scienza della felicità applicata al lavoro, Daniele Raspini per 25 anni è stato direttore dell’ASP Martelli, una struttura pubblica di assistenza sociosanitaria, educativa e riabilitativa per anziani e disabili. Nel primo anno di pandemia, la struttura è rimasta COVID-free grazie ad efficaci protocolli di sicurezza, all’uso già diffuso della tecnologia, alla tempestiva riduzione dei momenti di contagio. Ora, in pensione, aiuta come consulente altre organizzazioni a cambiare in positivo.

Come si costruisce la felicità di una RSA? Andando alla ricerca delle passioni delle persone.

Alla fisioterapista che era brava a fare i dolci – racconta in un’intervista a spazio50.org – chiedevo di fare un dolce per gli anziani. Questo aspetto la gratificava e la faceva lavorare meglio“.

Ma anche con tanti viaggi, lughi e brevi ma sempre auto-finanziati, per conoscere esperienze europee ed extra-europee. E ancora, con la partecipazione attiva di tutti i profili professionali, dagli infermieri agli addetti delle pulizie, dalla cuoca all’animatore, alla definizione del “Piano di Miglioramento” annuale.

Quello che veramente fa la differenza – sottolinea – è restituire la capacità di esprimere un desiderio alle persone. Faccio un esempio: avevamo la palestra, accanto la palestra c’era un cucinotto. La fisioterapista viene da me e mi dice: ‘Tre signori vorrebbero preparare degli spaghetti al pomodoro’. Ovviamente, qualunque direttore gli avrebbe detto: ‘Ci sono le norme igieniche da rispettare, si va a mangiare in mensa!’. Io che cosa le ho detto? Un anziano è andato a comprare i pomodori, hanno messo la pentola, hanno apparecchiato un tavolino in palestra e si sono fatti questi spaghetti. Erano le tre persone più felici al mondo. Ho guardato lo sguardo di felicità che mi hanno rivolto e so di aver regalato loro un momento speciale“.

In “Zeta Service abbiamo una vera e propria divisione ‘Felicità e Valori’, un team dedicato alla cura del benessere e della serenità delle nostre persone. Un laboratorio in cui si alternano gruppi di collaboratori che, ascoltando i colleghi, propongolo idee, workshop e attività da portare in azienda“.

A descrivere questa esperienza è Silvia Bolzoni che, 19 anni fa ha fondato Zeta Service (9 sedi, 330 collaboratori, 1.550 clienti) e che oggi gestisce insieme ai suoi figli. Nel 2019 è stata inserita da Forbes Italia nella classifica delle 100 donne più influenti.

Da anni abbiamo un maggiordomo per sede che si occupa delle nostre commissioni quotidiane – racconta a spazio50.org – come ad esempio portare l’auto dal meccanico, ritirare la spesa che i nostri collaboratori fanno online, organizzare le visite mediche in azienda, andare alla posta. Ma quelo che da sempre viene maggiormente apprezzato è la libertà di organizzare il proprio lavoro. In Zeta Service non si timbra, l’orario è flessibile e ancora prima della pandemia, avevamo un piano di smart working, oggi rivisto e ampliato per soddisfare le nuove necessità delle persone. Inoltre, con il nostro programma di sostegno alla genitorialità, prevediamo formazione, agevolazioni e anche un mese di congedo per i neo papà. Prendersi cura dei propri collaboratori – sottolinea – innesca un bellissimo ciclo virtuoso; noi ci prendiamo cura delle nostre persone e le nostre persone, naturalmente, avranno la stessa cura per i nostri clienti“.

Andrea Virgilio ha 33 anni ed è il CEO e il primo dei due Chief Happiness Officer di Heply, l’azienda informatica che ha fondato nel 2019 a Udine dopo un’esperienza in un’organizzazione da cui, ad un certo punto, ha avvertito il bisogno di disintossicarsi e trovare un nuovo scopo di vita e professionale.

Perché è proprio così: le cattive relazioni sul lavoro provocano malessere fisico. Lo dimostra la percentuale di infarti del lunedì mattina, che cresce del 20%.

Una relazione negativa con il proprio capo – afferma Daniela Di Ciaccio – fa più male di una dieta a base di patatine fritte!“.

Oggi, in Heply, lavorano 34 persone. Turn-over zero. L’ultimo in ordine di tempo ad essere assunto è Davide. Ha 50 anni ed ha sempre fatto il freelance prima di incontrare “happycoders“, come si definiscono i collaboratori della Heply. Nata alla vigilia della pandemia, nel secondo anno pieno di attività l’azienda ha realizzato un milione e 400mila euro di ricavi. A dimostrare che la felicità è anche un valore economico.

Ascolto costante delle persone, 3.500 ore di formazione all’anno su hard skills e soft skills, la “Colazione da Heply” ogni tre mesi per raccogliere feedback e disegnare il futuro: sono queste alcune delle misure di benessere che fanno della Heply un’organizzazione positiva fin dalla sua fondazione.

Abbiamo flessibilità e lavoro ibrido – spiega Andrea Virgilio a spazio50.org – , sale dove puoi disegnare sui muri, divani, spazi per giocare a ping pong e a calcetto. Ho creato un ambiente in cui, se devo vestirmi, lavarmi, affrontare il traffico per venire in ufficio, non è per avere una scrivania e una tastiera che ho anche a casa“.

Ad oggi, l’IIPO ha formato 250 Chief Happiness Officer. “Significa che ci sono almeno 250 aziende in Italia che parlano di questi temi – sottolinea Daniela Di Ciaccio – e stanno facendo la differenza, tutti i giorni, nelle vite delle centinaia di persone che vi lavorano“.