Benessere al lavoro: parola d’ordine per imprenditori e dipendenti

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Benessere al lavoro: parola d’ordine per imprenditori e collaboratori

 

Non sono più i risultati a portare soddisfazione, ma il contrario!

È una questione di prospettiva e di priorità: il benessere al lavoro non è solo assenza di malessere e nemmeno un aspetto secondario per le imprese all’interno della loro gestione.

 

Il benessere aziendale – come riportiamo dall’articolo di approfondimento di Mezzopieno News – rappresenta l’insieme degli approcci e delle buone pratiche che servono per vivere bene all’interno di un’organizzazione; un elemento che va costruito e mantenuto con il coinvolgimento dei tuoi collaboratori.

 

Ogni lavoratore, prima di tutto, è una persona che incarna non solo competenze professionali ma anche temperamento, carattere e personalità. Tutti fattori determinati per le relazioni all’interno della tua azienda.

 

“Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo”

 

Adriano Olivetti

 

Avere cura del benessere dei propri collaboratori è fondamentale per il futuro e la prosperità aziendale. Mettere al centro la persona, promuovere e mantenere un elevato livello di soddisfazione fisica, psicologica e sociale per ogni collaboratore significa avviare un cambiamento radicale nel modo di fare impresa.

 

Offrire opportunità di formazione e aggiornamento, manifestare apprezzamento e riconoscimento per il lavoro svolto e l’impegno, incoraggiare i collaboratori a ricercare un equilibrio tra lavoro e vita privata (work life balance), dotarli di risorse, strumenti e di un ambiente sicuro e sano: tutti elementi che contribuiscono al benessere personale e che si traduce nel bessere della tua organizzazione.


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Benessere al lavoro: prevenire è meglio che curare

 

Secondo le rivelazioni effettuate da Great Place to Work, il 65% delle 900 aziende europee analizzate considera la salute e il benessere una priorità strategica e il 52% ha ideato misure di supporto ai dipendenti sottoposti a stress.

 

In particolare, i tre paesi in cui viene attribuita una maggiore priorità alla salute e al benessere sono:

  • Francia
  • Svezia
  • Olanda

 

Come evidenziato da Eleonora Maglia, Ricercatrice presso il Centro di Documentazione Luigi Enaudi di Torino, affinché una cultura del benessere si radichi all’interno di un’azienda occorre un approccio strategico e prolugnato nel tempo, in modo tale che una serie di indicazioni diventi una modalità stabile dell’azione.

 

Tra le aziende che in Europa attivano le migliori pratiche incentrare sulle persone, secondo il Culture Audit, troviamo la Canon che con il progetto “Healthy in Canon” offre una serie di attività inclusive. Cisco, invece, ha creato delle aree dedicate e Bioage offre sedute di consulenza per l’esame di parametri fisici e delle abitudini alimentari e quotidiane. In alcune aziende come Amgen, infine, viene promossa una sana competizione tra gruppi di collaboratori a livello globale per premiare chi consegue maggiori progressi di salute in un mese.

 

Una prospettiva di intervento – si continua a leggere su Mezzopieno Newsvolta in primo luogo a riparare, curare e lenire condizioni di stress e burnout e a fronteggiare tutte quelle manifestazioni in termini di comportamento e salute appare oggi assolutamente adeguata se non indispensabile.

 

I precursori di questo cambiamento sono stati, nel 2004, dei ricercatori dell’Università della Sapienza coordinato da Francesco Avallone sul tema della salute organizzativa, che ha rappresentato uno stimolo e l’occasone di sperimentare un nuovo approccio orientato a sviluppare positivamente e preventivamente le condizioni di salute e benessere dei singoli e, contestualmente, quelle dell’ambiente organizzativo.

 

Tuttavia, come ricorda Daniela Converso, docente di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni all’Università di Torino in “Benessere e qualità della vita organizzativa in sanità” (2012), sostenere e perseguire un’ottica preventiva e di promozione del benessere non è stato semplice.

 

Prima di tutto a causa di una visione estremamente eterogenea e critica da parte dei manager verso il benessere: «Alcuni non avevano presente quale significato attriburgli all’interno dei contesti organizzativi, altri guardavano al connubio benessere-luoghi di lavoro con scetticismo, temendo addirittura che potesse diventare un inno al ‘lassismo’ e solamente una minoranza riteneva fondamentale investire nella direzione di una migliore qualità della vita organizzativa per sostenere chi, in queste aziende, rappresenta il principale patrimonio e la garanzia della qualità della prestazione e dei servizi erogati nelle organizzazioni sanitarie, cioè i lavoratori».

“Il vostro lavoro riempirà buona parte della vostra vita. E l’unico modo per essere realmente soddisfatti è quello di fare un buon lavoro. E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate”

 

Steve Jobs

Ma come spiegare l’importanza di sostenere il benessere o la qualità dei servizi in tempi di crisi, di tagli di bilancio e di riduzione delle risorse umane?

 

Guido Sarchielli, professore emerito di Psicologia del lavoro, sostiene che il capitale umano è un bene collettivo e, soprattutto in tempo di crisi, rappresenta la condizione del successo di un’azienda perché: «La qualità delle relazioni, il grado di facilità con cui si coopera, si aiutano gli altri sul lavoro e si risolvono le divergenze rappresentano un valore non solo di natura etica, ma hanno anche un effetto diretto sui modi di gestire le persone, sulla leadership da adottare e sull’apprendimento organizzativo, determinando un impatto positivo sulle prestazioni finali».

 

Un buon clima e un elevato benessere si traducono direttamente sui profitti aziendali.

“Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita”

 

Confucio


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Benessere al lavoro: una definizione non semplice

Oggi si è largamente compresa l’opportunità e la convenienza dell’azione preventiva ed è inoltre avvenuta una “normalizzazione” del concetto di benessere.

 

Come sottolinea Daniela Converso: «Se oggi digitiamo questo termine nella stringa di un motore di ricerca otteniamo risultati nell’ordine delle decine di milioni, che si dimezzano se accostiamo la parola benessere a lavoro, e che scendono a un decimo se la compagnia è quella dell’organizzazione».

 

Cosa si intende allora per benessere?

 

Abbiamo già accennato all’impegno di fuggire alla prospettiva incentrata sull’assenza di condizioni di malessere e occorre anche emanciparsi da certe opzioni del salutismo, del fitness o del wellness. Rispetto ai contesti lavorativi il benessere è stato a volte declinato in termini di soddisfazione del lavoro; mentre altri autori hanno invece distinto questi due concetti sostenendo che il benessere riguarda più in generale la condizione del “sentirsi bene” sul luogo di lavoro, con particolare riferimento alla possibilità di accedere alla dimensione del desiderio, ovvero di realizzare sul lavoro una soggettività attiva e responsabile.

Peter B. Warr ha elaborato un originale modello, il Vitamin Model, che spiega i due ordini di fattori che possono determinare il benessere dei lavoratori:

  1. l primo include la retribuzione, la sicurezza e lo status sociale, producendo un effetto costante – al pari della vitamina C – e concorre al mantenimento dei livelli di benessere
  2. il secondo, invece, riguarda il contenuto del lavoro e offre possibilità di crescita e apprendimento nello svolgimento della propria mansione

 

Questo ultimo fattore ha un effetto che Warr definisce “additivo”, ovvero in grado – come la vitamina D – di incidere in senso positivo sull’aumento dei livelli di benessere individuale e riguarda l’opportunità di controllo, di utilizzo delle capacità e di sviluppo di contatti sociali, il coinvolgimento in obiettivi esterni, la chiarezza ambientale.

 

Un utleriore passaggio riguarda l’associazione diretta del termine benessere all’organizzazione, proposto negli ultimi vent’anni da un grande numero di studi e ricerche che fanno riferimento alle discipline più disparate:

  • sociologia
  • antropologia
  • economia
  • giurisprudenza
  • scienze mediche e biologiche
  • psicologia

 

Discipline che, progressivamente nel tempo, hanno riconosciuto anche al contesto organizzativo un ruolo centrale nel definire lo stato di agio e benessere delle persone.


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